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          | ESTRATTO DAL DIARIO DI GUERRA DI JASMINA TESANOVIC
 
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 26 Marzo 1999, 5 p.m.
 Io spero che tutti sopravviveremo a questa guerra e alle bombe: i 
            serbi, gli albanesi, i cattivi e i buoni ragazzi, tutti quelli che 
            hanno preso le armi, tutti quelli che hanno disertato, i rifugiati 
            del Kossovo che viaggiano attraverso i boschi, e i rifugiati di Belgrado 
            che viaggiano attraverso le strade con i loro bambini in braccio cercando 
            rifugi inesistenti quando suonano gli allarmi. Io spero che i piloti 
            della NATO non lascino dietro di loro mogli e figli che piangono come 
            ho visto sulla CNN perché i loro mariti sparano sugli obiettivi 
            militari in Serbia.
 Io spero che noi sopravviveremo tutti , ma che non sopravviva il mondo 
            così come è. Io spero che noi riusciremo a far crollare 
            quello che chiamiamo democrazia, quello che chiamiamo dittatura. Quando 
            un deputato americano stima, come prezzo basso per la pace in Kossovo, 
            20000 civili morti, o quando il presidente Clinton dice che vuole 
            un’Europa sicura per le studentesse americane, o quando il presidente 
            serbo Milutinovic dice che noi dobbiamo combattere fino all’ultima 
            goccia di sangue , io sento sempre che loro stanno parlando del mio 
            sangue non del loro.
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 Un’altra notte in rifugio. Altri due ponti sono stati colpiti 
            in direzione dell’Ungheria la ferrovia verso il Montenegro è 
            stata distrutta in territorio Bosniaco dalle forze della Sfor. Questi 
            fatti mi rendono claustrofobica: ora finalmente il filo intorno al 
            nostro zoo è visibile dalla gabbia. [….]Questa strategia 
            della NATO è completamente in linea con i nazionalisti locali, 
            i quali hanno detto che quando l’ospedale di maternità 
            ha subito scosse causate dalle bome cadute vicinissime i nostri bambini 
            non hanno neanche pianto perché loro sono bambini serbi e quindi 
            sono diversi da tutti gli altri bambini del mondo. Bene, io non sono 
            una bambina ma io ho pianto ieri come una pazza ascoltando la canzone 
            “Tano daleko” (lontano, lontano è la Serbia). E’ 
            una bella, triste canzone della prima guerra mondiale quando i soldati 
            serbi andarono in Grecia a Salonicco per combattere e ritornarono 
            in pochi. Mio nonno era uno di questi . Quando tornò nacque 
            mia madre, mentre tutti i suoi bambini gli erano nati molto tempo 
            prima.
 Quando ero piccola mio nonno mi cantava questa canzone, da grande 
            io cantavo questa canzone all’estero quando mi chiedevano di 
            cantare una canzone serba. E’ l’unica canzone serba che 
            conosco e che so come cantare per commuovere. Ieri centinaia di persone 
            la cantavano durante un concerto in piazza della Repubblica ma io 
            non riesco più a cantarla , questa non è più 
            la mia Serbia e non è quella per cui mio nonno ha combattuto. 
            Lontano, lontano è la mia Serbia. Io sono ora nel mio paese 
            in una gabbia in esilio.
 Io dovrei avere 40 litri di benzina al mese per la mia auto, ma non 
            saprei dove andare, forse li cambierò con 40 litri di vino 
            e 40 pacchetti di sigarette che sono introvabili forse in questo modo 
            troverò di nuovo la mia stanza, la mia testa, la mia terra, 
            la mia Serbia.
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 La cosa più terribile è che dopo tutto niente realmente 
            succede, alla mattina noi siamo vivi , noi abbiamo cibo elettricità 
            e persino qualche articolo di lusso come il whisky, ma in ogni modo 
            noi siamo qui dove tutto può succedere per ora non a noi ma 
            a qualcun altro. Come in una falsa esecuzione noi sopravviviamo alla 
            nostra morte tutti i giorni, e alle nostre fantasie sulla morte delle 
            persone amate senza altri cambiamenti fisici se non qualche capello 
            bianco in più.
 
 Oggi ho intenzione di visitare i miei genitori, loro vivono nel centro 
            di Belgrado soltanto a 15 minuti a piedi da casa mia, ma da quando 
            è iniziata la guerra non sono riuscita ad andarli a trovare, 
            mi sembra distante e pericoloso come se dovessi andare in un’altra 
            città non solamente in un altro quartiere. E’ così 
            che vivremo come in labirinto, divisi in quartieri, come se vivessimo 
            in stati diversi, divisi in cantoni? Un ufficiale della NATO guardando 
            una mappa indicando dove loro hanno intenzione di bombardare e ha 
            detto. Belgrado è un città bellissima io ci andavo spesso 
            gli iugoslavi avevano un buon tenore di vita, potevano fare settimane 
            bianche in Austria viaggiando intorno al mondo senza visto. Noi vogliamo 
            che le cose ritornino così se loro sono disposti a cambiare.
 
 Ma io non voglio vivere come gli Yugoslavia vivevano una volta era 
            una grande bugia una grande illusione.
 Io sono come la Nora di Ibsen che ha perso il suo mondo in un secondo 
            di verità, ricominciando la vita da capo crudele come deve 
            essere.
 
 (ringraziamo per averci permesso la pubblicazione JASMINA TESANOVIC)
 
 
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