|  |  | 
         
          | Durante il nostro soggiorno a Mostar abbiamo realizzato, insieme ai 
            giovani attori mostarini e in collaborazione con Hamica Nametak, attuale 
            direttore del Teatro “Lutkarsko Pozoriste” di Mostar, 
            un laboratorio che ha avuto poi un esito spettacolare nel Teatro appena 
            ricostruito di Mostar. L’intenso lavoro di preparazione, in 
            Italia ,del laboratorio ci aveva condotto a precisi esercizi fisici 
            che hanno poi trovato un collegamento drammaturgico nel mito di Prometeo.
 Prometeo, se spogliato di tutte le interpretazioni precristiane, rappresenta 
            una scelta di libertà interiore, l’unica forse possibile 
            in una guerra.
 Ciò nonostante, durante il lavoro con gli attori non abbiamo 
            mai cercato riferimenti impliciti o espliciti alla guerra.
 Hanno lavorato a “Prometeo” dieci attori di diciotto anni 
            che per giorni hanno provato mettendosi a confronto con il nostro 
            metodo che esige molto da loro come da noi.
 Il processo del laboratorio era già il risultato che tutti 
            volevamo, ma realizzare una rappresentazione come prodotto del lavoro 
            svolto insieme ci è sembrato naturale. Avevamo l’esigenza 
            di far visitare a un pubblico estraneo ciò che avevamo fatto.
 Il pubblico è arrivato molto numeroso, nonostante non ci fossero 
            manifesti o inviti, è entrato tra i materiali di costruzione 
            e si è disposto sulle seggiole ricoperte di cellophane dopo 
            aver scavalcato le catene che cingevano tutta la platea. E’ 
            stata un’inaugurazione non ufficiale in un teatro non ancora 
            ultimato.
 Noi ci siamo posti di fronte ai nostri interlocutori con l’intenzione 
            di verificare lo stato dell’attuale attività teatrale 
            in Bosnia, a un anno dagli accordi di Dayton in tempo di cosiddetta 
            pace, cercando di mantenere sempre il discorso su questioni artistiche, 
            le uniche che in fondo siamo in grado di comprendere.
 Ciò che sappiamo del movimento teatrale in Bosnia, e in particolare 
            a Sarajevo, rimanda immediatamente a un rinnovamento dell’arte 
            teatrale causato dalla guerra nella ex-Jugoslavia. Questo è 
            in parte vero, perché in seguito a diversi fattori che sono 
            stati determinati dal conflitto, questo rinnovamento ha potuto verificarsi.
 Noi qui non intendiamo riflettere sui rapporti tra la guerra e la 
            rinascita del teatro in B.I.H perché questo argomento potrebbe 
            portare a conclusioni affrettate e pericolose, semplificando tutto 
            il lavoro degli artisti bosniaci con l’esemplificazione delle 
            cause che li hanno condotti a cambiare rotta. Riteniamo semplicistico 
            e fondamentalmente scorretto, ricondurre questo importante movimento 
            artistico alle sue cause, perché di questo passo si potrebbe 
            appunto giungere alla vera, ma pur sempre paradossale, conclusione 
            a cui era giunta la Duse.
 |  |  |  |